20. MOUSETRAP


Ormai il Caporale Glid Frijn si era arreso all’idea che la sua capsula di NeuBell fosse difettosa. Aveva tentato di comandarne il rilascio appena iniziata la tortura, invano.
Sandoval gli si avvicinò in attimo di pausa, sussurrandogli nelle orecchie
-Meno male che il composto basico che ti ho iniettato in vena mentre ti legavo ha fatto il suo effetto. Se però ora vuoi morire, ti capirei-
Il prigioniero non era più legato, ma giaceva raggomitolato a terra, scalzo, con entrambi i tendini d’Achille erano recisi. Le ferite cauterizzate dal calore della lama ad energia.
Rudolf notò un guizza di speranza nei suoi occhi, il dolore aveva ormai superato la soglia di sopportazione, l’avrebbe portato alla pazzia. Fece segno di sì con la testa, colto da un tremore nervoso.
-Mi devi dire qualcosa però!-
-Siamo un corpo scelto, di stanza in questa città, con lo scopo di mantenere la sicurezza del complesso e assicurare la continuazione degli esperimenti-
-Esperimenti?-
-Sì, esperimenti genetici, soldato futuro-
-In che sotto livello sono i laboratori?-
-Trentadue-
-E l’archivio?-
-Cinquanta-
-Altro?-
Fece segno di no con la testa, chiudendo gli occhi.
-Ora uccidimi, per favore-

Mi sveglio di soprassalto e mi guardo intorno con quella sensazione che qualcosa non va. Doc si è chiuso nel laboratorio per “fare alcuni test”, così mi alzo dalla branda e rimango in ascolto. Mi sembra di percepire dei rumori strani, ma il corridoio è deserto. Mi avvicino alla porta del laboratorio e busso piano sul metallo.
Doc spalanca l’uscio con gli occhi fuori dalle orbite, mi afferra la maglia e mi tira dentro.
-Sapevo che sarebbe successo, solo speravo di avere più tempo!-
Armeggia furibondo sul tavolone da esperimenti, saltando da un quaderno ad un altro, annotando numeri e formule, come rapito da una forza deviante sovraumana, ma al tempo stesso geniale.
-Lo sapevo, non dovevo fidarmi!-
-Di cosa parli? Di chi non dovevi fidarti?-
Non sembra aver sentito, continua a confabulare.
-Devo attivarlo, non dovrei, ma devo!-
-Cosa cazzo stai dicendo? Vuoi ascoltarmi?-
Si gira, i bulbi oculari completamente arrossati dai vasi sanguigni, al limite della rottura, mi incute paura.
-Non sei stato abbastanza attento, li hai condotti qui! Adesso dobbiamo fuggire!-
-Chi? Chi avrei condotto qui?-
-I Divoratori, razza di coglione!-
Non pensavo che Doc fosse capace di avere un vocabolario così, deve essere sconvolto!
-Ma vedrai che ce la caveremo, devo solo recuperare i dati delle ricerche…e poi ho delle difese anche io-
-Dimmi come posso aiutarti!-
Torna ad osservarmi, sembra voler capire se può fidarsi, poi gesticola e mi indica una piantina dell’ospedale appesa al muro, un vecchio piano d’evacuazione su cui sono segnati gli estintori, le uscite d’emergenza. Con un pennarello rosso sono state aggiunte delle x.
-Vedi questa x vicino al lato nord? È una bella sorpresa per quei bastardi! Vai là e tendi il filo che troverai arrotolato ai piedi del carrello dell’ossigeno, non puoi sbagliare, ha due bombole arancioni! Poi attirali lì!-
-Ok, poi torno qui?-
-No! Attiva anche le altre trappole e poi ritorna qui-
Stacca dal muro la mappa e me la porge.
Faccio segno di sì mentre osservo la piantina.
-Ah sì, e ricorda: stai attento!-

Berved appoggiò la mano sulla spalla di Rudolf.
-Ottimo lavoro, vedo che la politica poliziotto buono, poliziotto cattivo funziona ancora!-
Frijn sbarrò gli occhi, lo avevano raggirato.
-Sfortunatamente per lei, Caporale, non acconsentirò all’assassinio di un prigioniero. Lascerò qui, per puro caso, la sua arma…-
La squadra si riorganizzò e salì sull’elevatore, senza prima aver tolto dai cadaveri ogni sistema di comunicazione.
Mentre le porte si chiudevano nell’aria risuonò un unico, forte, colpo di pistola.

Doc aveva ragione, è inequivocabile il carrello dell’ossigeno, con le sue bombole arancioni. Trovo altrettanto facilmente il filo da pesca arrotolato intorno ad una penna, che funge da rocchetto. Lo srotolo tutto, fino a fissarlo ad un piccolo chiodo nel battiscopa dalla parte opposta del corridoio. Mentre osservo la trappola mi chiedo come faccia Doc a conoscere questi metodi, alla fin fine è solo un medico!
Un grugnito mi riporta alla realtà. Imbocco il corridoio, muovendomi circospetto verso il rumore.
Arrivo nella hall. Una decina di predoni stanno rovistando tra le cartelle mediche e gli armadietti. All’arrivo di quello che deve essere una specie di caposquadra, gli altri si bloccano, in attesa di ordini.
-Siamo qui per riprendere quel figlio di gnu! Non per razziare!-
Lancio un fischio, calamitando l’attenzione del gruppetto.
-È me che cercate?-
Poi mi lancio di corsa da dove sono venuto. Sento urla e incitamenti alle mie spalle, stanno sicuramente inseguendomi.
Arrivo alla curva appena prima della trappola un po’ troppo veloce, così scivolo sul pavimento liscio e cado rovinosamente a terra. Uno dei Divoratori, un tizio magro e atletico, che ha staccato il grosso del gruppo, mi si lancia addosso, cercando di graffiarmi il volto. Noto con estremo dispiacere che calza un guanto con inserti aguzzi di acciaio. Riesco a scrollarmelo di dosso, ma non posso correre oltre il filo: se fa scattare la bomba morirei anche io. Però devo metterlo fuori combattimento prima che arrivino gli altri.
Incalza fendendo l’aria con le corte lame, facendo smorfie animalesche.
Attendo un secondo per capire il ritmo del movimento e mi lancio, con la spalla destra in avanti, dritto al suo stomaco. Il mondo sembra volare per un attimo, quando entrambi siamo a mezz’aria, per poi ripiombare violento a terra. Il Divoratore batte la nuca sul pavimento e perde conoscenza all’istante.

L’ascensore si fermò al cinquantesimo piano.
Quando le porte si aprirono Berved e la squadra rimasero impietriti: almeno venti Lupi Grigi li stava aspettando ad armi spianate. Da dietro lo schieramento si mosse un uomo, vestito con la stessa mimetica, senza armi, che portava un vistoso basco rosso con l’effige della testa di un lupo in argento.
-Tenente Berved, suppongo-

L’esplosione sconquassa tutto l’edificio, ormai è già la terza trappola che scatta dall’inizio dell’assalto. Doc mi guarda, preoccupato.
-Se arrivano alla quinta dovremo lasciare l’Ospedale-
-Dove andremo?-
-Al porto, c’è un vecchio magazzino in cui custodisco un mezzo di trasporto, lo prenderemo e fuggiremo sulle montagne-
-E cosa gli impedirà di fermarci?-
Doc, in silenzio, alza un dito tremante e indica la vasca di stasi, indica Sally! 

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