La squadra si congelò, ogni suo componente trattenne il
fiato, cercando di percepire anche il minimo segnale di pericolo. Marvin,
l’unico con un equipaggiamento tecnologico adatto, si mosse lentamente fino a
raggiungere una cassa di metallo, abbastanza grossa da costituire un appiglio
tattico adeguato.
Berved sentì dopo poco quattro schiocchi leggeri di dita:
quattro nemici.
Se avevano tolto l’energia voleva dire che erano dotati
di visori adeguati, quindi l’unica soluzione era combatterli alla luce. Sperava
solo che anche Marvin fosse giunto alla stessa conclusione.
FOP! Uno schiocco improvviso, seguito dal rumore di un
corpo che cade. Tra i nuovi venuti si sparse il panico, provocando rumori
rivelatori. Varmit accese la potente torcia posta sotto il railgun e iniziò a
tempestare le cellule abitative vicine di proiettili.
Dopo la raffica spense nuovamente la torcia, solo la
canna riscaldata emise ancora per qualche secondo un leggero bagliore
rossastro.
FOP! Un altro morto.
Persero la pazienza ed iniziarono a sparare a casaccio,
sintomo che i visori non erano di tipo termico. Corte raffiche di mitragliette
leggere indicavano fin troppo bene la posizione nemica.
Gli uomini di Berved si mossero rapidi verso quella
posizione, come fossero acqua che si insinua tra i ciottoli di un fiume.
-Ne voglio uno vivo!-
Ordinò il Tenente, appurando con piacere che la direttiva
veniva passata da uomo a uomo.
Arrivati a tiro dei due superstiti attesero, tenendo
sotto tiro i due soldati.
FOP!
Quasi all’unisono tutte le torce si accesero, lasciando
l’ultimo uomo rimasto come un cervo in mezzo alla strada. Vedendosi sopraffatto
non poté che alzare le mani, dopo aver lasciato cadere l’arma sul pavimento.
Devo essermi addormentato perché vedo la faccia di Doc
quando apro gli occhi.
-Dovevi essere esausto, ti sei addormentato appena ti sei
seduto!-
Vedo che sul tavolo c’è una tazza di brodaglia fumante,
così prendo la tazza e bevo avidamente.
-Bravo ragazzo, devi aver perso molti liquidi durante la
fuga-
Faccio segno di sì con la testa
-A proposito, sei stato attento che non ti seguissero
fino a qui? È importantissimo!-
-Sì Doc, prima di dirigermi qui mi sono assicurato che
avessero perso le mie tracce-
Fa segno di dì con le spalle e poi mi si siede davanti,
aprendo sul tavolo una locandina sgualcita.
Sulla carta illustrata vedo un soldato enorme che marcia su una città in
rovina.
Spesso, nel ventunesimo secolo, si ricorreva ancora a immagini
anacronistiche di retaggio imperialista e in alcuni casi avevano il loro
effetto.
I caratteri cirillici dicevano “Vuoi dare un futuro
sicuro alla tua famiglia?” e “Vuoi rendere fiera la tua Nazione?”. In fondo al
foglio, più grande di tutti, la scritta “Soldato Futuro” seguita da un numero
di telefono a cui rivolgersi.
Lo guardo, desideroso di capirne di più
-Ti starai chiedendo cosa c’entri un volantino
propagandistico con un mostro umanoide-
-Ho sentito parlare di un timido tentativo di ritornare
alle origini da parte della Confederazione Eurasiatica una ventina di
anni fa-
-Timida la chiami?- ride -Non penso sia il termine
adatto, se consideri gli esperimenti genetici e scientifici legati a questo tentativo.
Ne è un esempio il complesso di laboratori in questa regione. Sai quanti
scienziati ci lavorarono?-
Più o meno lo sapevo, ma non volevo rivelare a Doc più
informazioni di quelle indispensabili.
-Centinaia si avvicendarono dietro a quei macchinari per
trovare le formule corrette per sviluppare forza, intelligenza e riflessi
perfetti. -
-E ci riuscirono?-
Doc si alzò e mise in una tasca del camice la locandina,
poi aprì la porta.
-Secondo te quella cosa che c’è di sotto è un risultato
accettabile?-
Enfatizzò l’ultima parola, poi mi fece un cenno con la
mano ed uscì in corridoio.
Al prigioniero venne strappato il visore dagli occhi e
venne fatto inginocchiare, bloccandogli i polsi dietro la schiena con delle
fasce di ritenzione apposite.
-Salve, sono il Tenente Berved, con chi ho il piacere di
parlare?-
-Tenente di che forza armata?-
Parlava inglese correttamente.
-Della nostra…-
Un brusio di approvazione, mista a divertimento, si alzò
dalla squadra.
-Io mi sono presentato, sarebbe così gentile da dirmi il
suo nome e grado?-
-Caporale Glid Frijn, Lupi Grigi!-
Pronunciò queste parole gonfiando il petto e alzando il
mento, come se ci fosse un generale che passava in rassegna le truppe.
-Lupi Grigi? Vorrebbe essere così gentile da spiegarmi
chi siete?-
Il caporale, con gli occhi ormai arrossati dalle potenti
torce, lo guardò fisso e, con un ghigno malefico:
-Siamo quelli che vi ammazzeranno fino all’ultimo e che
brinderemo con il vostro sangue!-
Il calcio del fucile di Mac emise un secco colpo quando
venne sbattuto con forza dietro al collo di Glid, che cadde a terra.
-Come vede, Caporale, il signore qui presente non accetta
di buon grado le minacce. Se fosse così gentile, ora, da rispondere alla
domanda.-
Non rispose, tirandosi nuovamente in ginocchio e
recuperando la posa da parata.
Berved si girò e indicò con un cenno Varmit, che appoggiò
il railgun a terra e gli si avvicinò, poi, rivolto a Biz e Sandoval:
-Toglietegli il paraschegge e il tattico, lasciatelo a
petto nudo!-
Siamo arrivati in una stanza dietro alla reception, nella
quale venivano custodite copia delle cartelle di ogni paziente. Doc mi indica
uno scaffale, da cui raccoglie una cartellina marrone.
-Vedi questa etichetta viola? Significava che avevi
contratto l’infezione-
-Quale infezione?-
-Vedi, quando nel laboratorio iniziarono a svilupparsi le
prime mutazioni venne data la colpa ad un virus-
Ecco i continui richiami a fascicoli medici che avevo
trovato nel computer nell’appartamento.
-Purtroppo chi lavorava al laboratorio sapeva che la
verità andava ben oltre alla finzione: l’esperimento era stato allargato a
tutta la popolazione cittadina-
Solo ora mi rendo conto che tutte le cartelle che vedo,
nessuna esclusa, hanno il talloncino viola.
-Ed è sfuggito di mano, vero?-
-Esatto! Le forze speciali, i Lupi Grigi, riuscirono ad
arginare il fenomeno eliminando sistematicamente le minacce e i portatori dell’agente
mutageno-
-E allora perché ci sono ancora quelle creature fuori?-
-Semplicemente sono la loro polizza contro i curiosi!-
Il Caporale Glid Frijn era legato con le mani alte ad una
trave metallica, le ustioni avrebbero lasciato cicatrici indelebili,
addirittura per la chirurgia ricostruttiva laser, ma probabilmente non sarebbe
vissuto tanto a lungo da doversene preoccupare. Ormai i muscoli degli arti
inferiori avevano ceduto e il peso corporeo stava scavando profondi solchi nei
polsi.
-Reggetelo, se no gli si staccheranno le mani-
Ordinò Varmit ai due “aiutanti”.
Berved si aggirava quasi distrattamente intorno al corpo
martoriato.
-Non sia stupido, mi dica ciò che le ho chiesto-
Marvin aveva riacceso le luci nel piano abitativo e i
soldati nemici erano stati posti ordinatamente lungo la parete di fronte al
prigioniero.
-Avrà capito che l’abbiamo lasciata viva solo per avere
informazioni, quindi se non ce le fornisce…-
Emise un basso rantolo, non riusciva ad articolare bene
le parole.
-Mi ucciderete ugualmente-
-Le dò la mia parola da ufficiale che la lascerò libero!-
Il prigioniero alzò gli occhi, guardando stupefatto il Tenente.
Poi scrollò la testa, non gli credeva.
Ad un cenno Varmit ricominciò a percuoterlo.
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