19. REVELATIONS


La squadra si congelò, ogni suo componente trattenne il fiato, cercando di percepire anche il minimo segnale di pericolo. Marvin, l’unico con un equipaggiamento tecnologico adatto, si mosse lentamente fino a raggiungere una cassa di metallo, abbastanza grossa da costituire un appiglio tattico adeguato.
Berved sentì dopo poco quattro schiocchi leggeri di dita: quattro nemici.
Se avevano tolto l’energia voleva dire che erano dotati di visori adeguati, quindi l’unica soluzione era combatterli alla luce. Sperava solo che anche Marvin fosse giunto alla stessa conclusione. 
FOP! Uno schiocco improvviso, seguito dal rumore di un corpo che cade. Tra i nuovi venuti si sparse il panico, provocando rumori rivelatori. Varmit accese la potente torcia posta sotto il railgun e iniziò a tempestare le cellule abitative vicine di proiettili.
Dopo la raffica spense nuovamente la torcia, solo la canna riscaldata emise ancora per qualche secondo un leggero bagliore rossastro.
FOP! Un altro morto.
Persero la pazienza ed iniziarono a sparare a casaccio, sintomo che i visori non erano di tipo termico. Corte raffiche di mitragliette leggere indicavano fin troppo bene la posizione nemica.
Gli uomini di Berved si mossero rapidi verso quella posizione, come fossero acqua che si insinua tra i ciottoli di un fiume.
-Ne voglio uno vivo!-
Ordinò il Tenente, appurando con piacere che la direttiva veniva passata da uomo a uomo.
Arrivati a tiro dei due superstiti attesero, tenendo sotto tiro i due soldati.
FOP!
Quasi all’unisono tutte le torce si accesero, lasciando l’ultimo uomo rimasto come un cervo in mezzo alla strada. Vedendosi sopraffatto non poté che alzare le mani, dopo aver lasciato cadere l’arma sul pavimento.

Devo essermi addormentato perché vedo la faccia di Doc quando apro gli occhi.
-Dovevi essere esausto, ti sei addormentato appena ti sei seduto!-
Vedo che sul tavolo c’è una tazza di brodaglia fumante, così prendo la tazza e bevo avidamente.
-Bravo ragazzo, devi aver perso molti liquidi durante la fuga-
Faccio segno di sì con la testa
-A proposito, sei stato attento che non ti seguissero fino a qui? È importantissimo!-
-Sì Doc, prima di dirigermi qui mi sono assicurato che avessero perso le mie tracce-
Fa segno di dì con le spalle e poi mi si siede davanti, aprendo sul tavolo una locandina sgualcita.  Sulla carta illustrata vedo un soldato enorme che marcia su una città in rovina.
Spesso, nel ventunesimo secolo, si ricorreva ancora a immagini anacronistiche di retaggio imperialista e in alcuni casi avevano il loro effetto.
I caratteri cirillici dicevano “Vuoi dare un futuro sicuro alla tua famiglia?” e “Vuoi rendere fiera la tua Nazione?”. In fondo al foglio, più grande di tutti, la scritta “Soldato Futuro” seguita da un numero di telefono a cui rivolgersi.
Lo guardo, desideroso di capirne di più
-Ti starai chiedendo cosa c’entri un volantino propagandistico con un mostro umanoide-
-Ho sentito parlare di un timido tentativo di ritornare alle origini da parte della Confederazione Eurasiatica una ventina di anni fa-
-Timida la chiami?- ride -Non penso sia il termine adatto, se consideri gli esperimenti genetici e scientifici legati a questo tentativo. Ne è un esempio il complesso di laboratori in questa regione. Sai quanti scienziati ci lavorarono?-
Più o meno lo sapevo, ma non volevo rivelare a Doc più informazioni di quelle indispensabili.
-Centinaia si avvicendarono dietro a quei macchinari per trovare le formule corrette per sviluppare forza, intelligenza e riflessi perfetti. -
-E ci riuscirono?-
Doc si alzò e mise in una tasca del camice la locandina, poi aprì la porta.
-Secondo te quella cosa che c’è di sotto è un risultato accettabile?-
Enfatizzò l’ultima parola, poi mi fece un cenno con la mano ed uscì in corridoio.

Al prigioniero venne strappato il visore dagli occhi e venne fatto inginocchiare, bloccandogli i polsi dietro la schiena con delle fasce di ritenzione apposite.
-Salve, sono il Tenente Berved, con chi ho il piacere di parlare?-
-Tenente di che forza armata?-
Parlava inglese correttamente.
-Della nostra…-
Un brusio di approvazione, mista a divertimento, si alzò dalla squadra.
-Io mi sono presentato, sarebbe così gentile da dirmi il suo nome e grado?-
-Caporale Glid Frijn, Lupi Grigi!-
Pronunciò queste parole gonfiando il petto e alzando il mento, come se ci fosse un generale che passava in rassegna le truppe.
-Lupi Grigi? Vorrebbe essere così gentile da spiegarmi chi siete?-
Il caporale, con gli occhi ormai arrossati dalle potenti torce, lo guardò fisso e, con un ghigno malefico:
-Siamo quelli che vi ammazzeranno fino all’ultimo e che brinderemo con il vostro sangue!-
Il calcio del fucile di Mac emise un secco colpo quando venne sbattuto con forza dietro al collo di Glid, che cadde a terra.
-Come vede, Caporale, il signore qui presente non accetta di buon grado le minacce. Se fosse così gentile, ora, da rispondere alla domanda.-
Non rispose, tirandosi nuovamente in ginocchio e recuperando la posa da parata.
Berved si girò e indicò con un cenno Varmit, che appoggiò il railgun a terra e gli si avvicinò, poi, rivolto a Biz e Sandoval:
-Toglietegli il paraschegge e il tattico, lasciatelo a petto nudo!-       

Siamo arrivati in una stanza dietro alla reception, nella quale venivano custodite copia delle cartelle di ogni paziente. Doc mi indica uno scaffale, da cui raccoglie una cartellina marrone.
-Vedi questa etichetta viola? Significava che avevi contratto l’infezione-
-Quale infezione?-
-Vedi, quando nel laboratorio iniziarono a svilupparsi le prime mutazioni venne data la colpa ad un virus-
Ecco i continui richiami a fascicoli medici che avevo trovato nel computer nell’appartamento.
-Purtroppo chi lavorava al laboratorio sapeva che la verità andava ben oltre alla finzione: l’esperimento era stato allargato a tutta la popolazione cittadina-
Solo ora mi rendo conto che tutte le cartelle che vedo, nessuna esclusa, hanno il talloncino viola.
-Ed è sfuggito di mano, vero?-
-Esatto! Le forze speciali, i Lupi Grigi, riuscirono ad arginare il fenomeno eliminando sistematicamente le minacce e i portatori dell’agente mutageno-
-E allora perché ci sono ancora quelle creature fuori?-
-Semplicemente sono la loro polizza contro i curiosi!-

Il Caporale Glid Frijn era legato con le mani alte ad una trave metallica, le ustioni avrebbero lasciato cicatrici indelebili, addirittura per la chirurgia ricostruttiva laser, ma probabilmente non sarebbe vissuto tanto a lungo da doversene preoccupare. Ormai i muscoli degli arti inferiori avevano ceduto e il peso corporeo stava scavando profondi solchi nei polsi.
-Reggetelo, se no gli si staccheranno le mani-
Ordinò Varmit ai due “aiutanti”.
Berved si aggirava quasi distrattamente intorno al corpo martoriato.
-Non sia stupido, mi dica ciò che le ho chiesto-
Marvin aveva riacceso le luci nel piano abitativo e i soldati nemici erano stati posti ordinatamente lungo la parete di fronte al prigioniero.
-Avrà capito che l’abbiamo lasciata viva solo per avere informazioni, quindi se non ce le fornisce…-
Emise un basso rantolo, non riusciva ad articolare bene le parole.
-Mi ucciderete ugualmente-
-Le dò la mia parola da ufficiale che la lascerò libero!-
Il prigioniero alzò gli occhi, guardando stupefatto il Tenente. Poi scrollò la testa, non gli credeva.
Ad un cenno Varmit ricominciò a percuoterlo.

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