I'm so sorry!
Mi dispiace annunciare che il blog rimarrà "fermo" per qualche tempo: sono calamitato completamente da un altro progetto, ma a breve Mac e soci torneranno a Reclav, più agguerriti che mai!!!
17. UNIVERSITY LECTURE
Mi lancio
dentro la porta e corro a perdifiato per i locali abbandonati, ingombri di
robaccia e cianfrusaglie. Sento ancora i segugi abbaiare furiosi all'esterno e
questo mi dà una marcia in più. Trovo una scala con la balaustra di vetro
frantumata e la salgo tre gradini alla volta, sperando di non scivolare sui
pezzi di cristallo. Il piano in cui arrivo deve essere quello delle aule, porte
tutte uguali si ritmano sulle pareti.
Corro,
corro, corro e corro, cercando invano un luogo dove nascondermi.
Inciampo sullo
scheletro di una sedia e sbatto violentemente contro la parete, ferendomi il
viso e la gamba. Vedo un cartello indicante i laboratori più avanti, che
fortuna! Mi dirigo veloce in quella direzione, sperando di avere ancora tempo.
Il latrare
ora è amplificato e sottolineato da un effetto eco. Sono entrati!
La schiuma
giallastra imbrattava il bavero della giacca mimetica del prigioniero, i cui
occhi vitrei osservavano l’intorno, accusatori.
- La
capsula di veleno deve essere stata impiantata nella parete interna dello
stomaco e comandata da un impulso nervoso-
Esordì
Sandoval, la cui diagnosi innervosì il caporale Biz
- Mi chiedo
come un Agente possa sapere queste cose?-
Mac si inginocchiò
vicino al corpo, osservandone le iridi.
- Dal
colore degli occhi credo fosse un neuro inibitore, ne ho visti gli effetti
spesso, in passato-
- Qualcuno
mi spiega cosa succede?-
Domandò
Berved, mettendo a tacere le proteste di Biz.
- Tenente,
come Agente ho avuto spesso a che fare con farmaci illegali, tra questi arrivava
nelle strade anche qualche partita di roba militare, usata come veleno dalle
spie o dalle forze speciali, che spesso la nascondono nello stomaco.-
- E
qualcuno pagherebbe per ridursi così?-
Varmit si
intromise, indicando sorpreso il corpo a terra.
- Certo che
no, se tagliato con un basico, un neuro inibitore riduce dell'85% la sua carica
letale. Così possono strafarsi o commettere idiozie senza sentire dolore o
paura.-
Berved
guardò l'orologio e disse:
- Ci resta
poco tempo per la prima finestra di esfiltrazione possibile, lasciamo qui il
corpo e muoviamoci verso l'interno del complesso-
Tutti
presero posto in formazione e controllarono armi ed equipaggiamento, Varmit agganciò
il railgun all'esoscheletro di supporto dorsale e ne estrasse un corto fucile multi
canna.
I mastini
entrano, con le unghie ticchettanti, nella stanza. Dal mio nascondiglio non
vedo nulla, se non la nuvoletta di vapore della respirazione. Spero che il
forte odore di solventi e altre sostanze chimiche nasconda il mio. Con passi
lenti un cane si aggira intorno ai tavoli, mentre l'altro è fermo sulla soglia,
con le orecchie tese in aria. Improvvisamente i due si girano di scatto e si
dirigono al galoppo verso un altro piano: ne sento i mugolii rimbombati dal
vano scale.
Cauto esco
dal ripostiglio e, sicuro di essere solo, mi metto alla ricerca del bottino.
Devo sbrigarmi, prima che arrivi anche qualche Divoratore, o che i due mostri
tornino sui loro passi. Inoltre i vapori delle sostanze presenti mi stanno
facendo uno strano effetto, mi gira la testa e la vista mi si annebbia.
I locali
amministrativi, comprensivi di segreteria, uffici ed archivio, furono
bonificati velocemente e la squadra passò oltre, giungendo in un atrio su cui
si stagliava una pesante porta metallica. Il sistema di chiusura era a ruota,
come quello presente nelle vecchie navi da guerra. Dopo aver ricevuto l'ordine
Varmit le si avvicinò e face forza sul meccanismo. Senza quasi produrre suoni
questo si sbloccò e permise al mitragliere di aprire cauto la porta. Dietro quella
che doveva essere stata la sala principale del reattore, alta più di quindici
metri, con un vistoso cratere bruciato nel centro del pavimento. La sua
profondità sarà stata di una decina di metri.
Sandoval
osservava intorno a sé incuriosito, mentre gli altri percorrevano gli spazi con
la concentrazione professionale del soldato abituato alla battaglia.
Ho girato
vari laboratori, dopo essermi fatto una mascherina di fortuna con parte di un
camice lacero. Sono finalmente arrivato in una stanza piena di macchinari,
bruciatori e ampolle. In un angolo, sopra un mobile d'acciaio, vedo il
maledetto aggeggio del professore.
Lo afferro,
è veramente pesante! Devo trovare qualcosa per trasportarlo.
Sento dei rumori
provenire dal corridoio: vetri rotti, porte sbattute e qualche secco ordine e
osservazione. Mi appiattisco contro il muro, cercando di intuire i loro
movimenti attraverso la fessura della porta, ma il corridoio è troppo buio e la
vista è ancora annebbiata dai vapori chimici.
Riesco ad
intuire il loro numero: due!
Se faccio
in fretta e sono fortunato dovrei cavarmela!
Il primo
arriva davanti alla porta, si ferma e scambia un paio di parole con il secondo,
che ha tre vistose creste sulla testa rasata. Poi spinge l'uscio. Indugia un
attimo di troppo, permettendomi di agguantargli il polso e tirarlo a me. Colto
alla sprovvista perde l'equilibrio, cadendo in ginocchio, con il polso sempre
in leva articolare.
Un
automatismo che non credevo di avere mi muove e fa partire una poderosa
ginocchiata al setto nasale, seguita dell'agghiacciate scrocchio, colonna
sonora della sua dipartita.
Numero due,
il punk, guarda me, poi il suo compagno, poi nuovamente me, estrae, quasi
ringhiando, una lama ricurva e mi si lancia contro. I movimenti seguenti non
riesco a controllarli del tutto: parate strette, leve, disarticolamentti, colpi
secchi e precisi, graffi, morsi. Al termine di quelli che mi sembrano minuti
lunghissimi, mi trovo disteso a terra, sporco di sangue, in più punti lacerato
e contuso. Al mio fianco il viso del punk ha assunto uno strano ghigno,
scomposto, tirato. Il suo collo è in una posizione innaturale, quasi fosse un
gufo. Mi alzo e, ancora costernato per l'accaduto, mi rendo conto che il primo
Divoratore porta sulle spalle un piccolo zaino. Lo raccolgo e lo svuoto sul
pavimento, indifferente. Pongo al suo interno l'attrezzatura da laboratorio,
esco in corridoio, scendo le scale, esco da una porta secondaria, che riesco a sbloccare,
e fuggo attraverso il labirinto di edifici del campus.
- E
adesso?-
Chiese Biz
guardando il grosso vano elevatore.
- Ottima
domanda Caporale, ottima domanda!-
Davanti al
Tenente e al resto della squadra faceva bella mostra di sé una console da
ascensore con una cinquantina di pulsanti, senza targhette identificative.
Dopo circa
un'ora penso che non mi stiano inseguendo, forse domani si metteranno alla
ricerca, ma per oggi il numero di sobri probabilmente non permette una battuta
di caccia proficua. Decido di tornare il più velocemente possibile
all'ospedale.
La desolazione
circostante mi fa pensare ad una lezione a cui assistetti all'università.
A dire il
vero non ho mai frequentato gli ambienti accademici, preferendo i bassifondi e
le sale da thè, rinomati centri di raccolta di hacker e netsurfer, ma mi ero
innamorato. Avevo acconsentito nell'accompagnare Carmen a lezione: Filosofia
dell'uomo futuro, ritrovandomi poi rapito dal docente.
Solo oggi,
circondato da questa violenza, diversa da quella cittadina, dettata dal
profitto smodato, capisco in toto le sue parole: la iper tecnologia ha
aumentato il gap tra il basso e l'alto, tra il debole e il potente. Nell'era
degli impianti neurali, delle comunicazioni super veloci e degli organi
potenziati, esisteranno individui che vivranno in uno stato tribale, dando
importanza ad aspetti ed oggetti, reputabili dai più, inutili. Uccideranno,
saccheggeranno e ameranno in una commistione di violenza e sentimenti simili
all’istinto primordiale dell’animale, distaccandosi del tutto dall’idea di “uomo
del futuro”, candida essenza utile per il marketing.
In effetti ho
paura di chiedermi a quale delle due realtà si avvicini maggiormente ciò che ho
fatto ultimamente, temo di avere già una risposta.
16. BREAKAWAY
I
festeggiamenti sono iniziati ormai da diverse ore e gran parte dei miei
carcerieri sono stramazzati al suolo ubriachi o si trascina barcollante nella
stanza. È strano come la morte di un membro della loro tribù, o forse è meglio
dire banda, non li dispiaccia affatto. Mi è stato detto che ogni combattimento,
ogni vittoria e ogni morte deve essere festeggiata con un banchetto. Sono stato
portato, libero da catene, fino ad un lungo tavolo imbandito, posto in quella
che doveva essere stata la mensa, e fatto sedere vicino al capo. Abbiamo
mangiato carne prelibata, che mi è stata portata già tagliata, così da non
poter accoltellare nessun’altro, e bevuto un distillato di tuberi rossi. Il
gusto deciso ed aspro mi ha ricordato la mia infanzia.
Mi guardo
intorno: il capo è da tempo andato a continuare i festeggiamenti con diverse
ragazze e l’interesse nei miei confronti si è visibilmente affievolito. Solo un
uomo, che non ha toccato né cibo né distillato, è appoggiato ad una colonna
vicino alla porta d’ingresso. Mi osserva da quando sono entrato. Credo sia la
mia guardia.
Il cancello
cedette sotto la spinta del pesante mezzo, piombando nella fanghiglia
ghiacciata. Tutta la squadra entrò cauta nello spiazzo antistante il complesso,
controllando ogni settore. Quando raggiunsero la porta da cui erano uscite le
guardie si misero in fila indiana a sinistra della porta, mentre Mac si
posizionò dall’altro lato.
Berved fece
cenno a Rudolf, rimasto nella cabina del camion, e questo entrò dal cancello e
parcheggiò in retromarcia vicino all’ingresso. Scese e si posizionò in coda
alla fila. Marvin si staccò dal muro e, dopo aver passato un apparecchio grande
come un pacchetto di sigarette sulla porta, indicò a gesti, secchi e precisi:
“uno, armato, inginocchiato verso la porta, dieci metri, circa”. Poi tornò al
suo posto.
Mi alzo e simulo
un giramento di testa, già da metà pasto fingevo di mandare giù il liquore. Mi
incammino barcollando verso la guardia, guardandomi in giro e parlottando tra
me e me. Arrivatogli davanti, mi appoggio a lui pesantemente. Non lo guardo
negli occhi, anzi mi osservo divertito i piedi.
- Forza,
spostati!-
Mi dice
quasi compassionevolmente, pensa proprio sia ubriaco marcio.
- Dai amico,
devo solo andare in bagno, dai-
- Adesso ti
ci accompagno, ma toglimi le mani di dosso!-
Detto
questo mi abbassa le braccia di scatto, facendomi quasi perdere l’equilibrio.
Percorriamo
corridoi bui e sporchi fino ad una parete con due porte. Mi indica quella di
destra, il cui legno precompresso ha assorbito molta umidità, incurvandosi a
dismisura.
I cardini
cigolano, ma l’anta sembra reggere, entro. Anche il mio accompagnatore varca la
soglia e mi afferra l’avambraccio, portandomi verso un orinatoio sbeccato.
- No, devo
fare altro-
Sbuffando
fa dietrofront e mi spinge verso un water posto tra due separé. Faccio per
chiudere la porta, ma con una manata blocca il movimento. Con un’alzata di
spalle traffico con la patta, abbasso i pantaloni e, rialzandomi, afferro lo
scopettino. Il movimento lo porta in collisione con il viso della guardia e il suo
disgusto mi permette di lanciarmi a testa bassa verso il suo ventre. Riesco a
sentire il diaframma contrarsi troppo tardi e l’aria uscirgli dai polmoni. Purtroppo
ho i pantaloni a legarmi le caviglie, così cadiamo entrambi sul pavimento di
mattonelle luride. Mi allungo verso la sua testa e mi trovo il viso imbrigliato
da una mano, puzza di cipolle e polvere. Faccio forza sulle gambe e, invece di
divincolarmi, portandolo probabilmente a strapparmi le palpebre, mi lancio
numerose volte verso di lui, premendo intanto più che posso vicino al suo
bicipite per raggiungere il nervo mediano. Al terzo tentativo il braccio si
ritrae di scatto, lasciandomi libera la faccia. Cerca di raggiungermi con un
pugno, ma sono già in ginocchio. Lo batto sul tempo, mi alzo e riabbottono i
pantaloni.
Senza pensarci
due volte gli scarico due calci diretti al viso, di cui il secondo ad ascia,
che lo colgono impreparato e lo lasciano esanime.
Il Tenente
fece segno a Mac indicando due volte consecutive il palmo della mano sinistra
con l’indice destro: irruzione!
Questo si
girò di schiena e scaricò un poderoso calcio posteriore alla porta, che si aprì
subito. Intanto Biz lanciò dentro una granata stordente, che esplose un attimo
dopo.
I mercenari
si precipitarono dentro, disarmando e immobilizzando il soggetto, accecato e
reso sordo dall’esplosione. Non c’era dubbio: ora tutti sapevano che erano entrati
nel complesso!
L’interno
era ben tenuto, con vernice lavabile fino a due metri dal pavimento in
plastica. Il soldato venne trascinato nell’ufficio adiacente l’ingresso, in cui
un fornelletto stava scaldando dell’acqua.
- Chi siete?-
Si permise
di domandare aggressivo appena le orecchie smisero di fischiare. Varmit gli si
avvicinò svelto e gli stampò la suola dello stivaletto da combattimento nel
petto, schiacciandolo contro la parete.
- Azzardati
ancora a parlare quando non interpellato e ti cucino con quell’affare!-
Berved si
avvicinò non curandosi dello scatto del sottoposto, sapeva quanto la violenza potesse
smuovere l’animo degli interrogati.
- Come vedi
siamo un po’ tutti nervosi, questo perché ci avete sparato addosso, sai?-
- Io non vi
ho sparato!-
- Infatti è
per questo che sei ancora vivo, però dovresti essere anche così gentile da
dirci che cosa ci fate qui.-
Una volta
nascosto il corpo in un bagno apro la porta guardingo, per assicurarmi che nessuno
abbia sentito la colluttazione.
Il corridoio
è deserto.
Mi avvio a
passo svelto nella direzione opposta rispetto alla mensa e trovo quasi subito
una mappa scolorita alla parete, un piano di evacuazione si direbbe, vista la
presenza di frecce e di simboli antincendio. Sono nell’edificio adibito a
refettorio della facoltà di ingegneria. Riesco ad individuare l’uscita più
vicina e mi dirigo verso la doppia porta a vetri.
Esco nella
luce del tramonto e percepisco un freddo pungente sulla punta del naso. Durante
la prigionia mi sono state prese la giacca e il berretto pesanti, per non
parlare dei guanti termici. Individuo l’edificio obiettivo e studio il terreno
intorno.
Nessuno in
vista.
Mi lancio
di corsa attraverso l’erba ghiacciata, cadendo più volte. Non sento più le
mani, ma arrivo fino all’ingresso. Lancio una veloce occhiata all’interno
quando, dal refettorio, giungono latrati.
Hanno
liberato i cani quei bastardi!
- Signore,
mi scusi-
Disse con
voce monotono il servitore
- Dimmi-
- Mi aveva
istruito per informarla nel momento in cui fossero entrati nel complesso-
- Grazie,
puoi ritirarti-
Il servitore
si allontanò con una riverenza perfetta e chiuse la pesante porta.
Il sigaro
emanava un denso fumo che si innalzava in morbidi circoli verso il soffitto finemente
intarsiato, mentre un sorriso malvagio andava delineandoglisi sul viso.
15. THE ARENA
L'odore
acre che aleggia nella stanza trafigge il sistema recettivo come uno stiletto,
tanto che un riflusso di bile mi solletica l'ugola, ma riesco a ricacciarlo in
fondo alla pancia con una lunga sorsata di acqua, presa da una ciotola lasciata
sul pavimento. Solo ora mi rendo conto delle catene serrate alle caviglie con
pesanti manette. Tutto intorno l'ambiente suggerisce che mi trovo in una
prigione, o almeno è quello che ora è diventata questa stanza. La finestra è
coperta con stracci e pochissima luce riesce a filtrare. Abbastanza però per
rendermi conto del sangue lasciato sul pavimento, nel punto in cui avevo
appoggiato la tempia. Mi tocco delicatamente un lembo di pelle arricciata e
subito una fitta atroce mi fa quasi urlare.
Altro che
diretto, quel bastardo doveva avere un qualche tirapugni o addirittura un
innesto sottocutaneo.
- Ben
svegliato-
Mi giunge
una voce da oltre la grata della porta.
- Chi sei?-
- Solo un
altro povero diavolo, esattamente come te-
- Dove
siamo? Siamo prigionieri?-
- Non
saprei se definirci così, quanti anni hai?-
- Ventotto,
perché?-
- Ah,
allora non sei un prigioniero, io sì che lo sono, ma tu assolutamente no!-
- E cosa
sono allora?-
- Sei molto
peggio ragazzo, molto peggio-
Varmit
raggiunse di corsa il camion
- Non
abbiamo tutto il giorno, signori! Entriamo prima che si accorgano del guasto?-
- Idee?-
Domandò Mac
- Il
cancello è elettrificato?-
Berved
prese un bastone umido e lo lanciò contro la rete metallica, nessuna scintilla
o sfrigolio.
- Credo
sarà più semplice di quello che pensavamo-
Venne però
interrotto da una lunga scarica di fucile automatico, alcuni colpi arrivarono
vicini, andando ad infrangere il fanalino posteriore sinistro. L'automatismo
del militare professionista si mise in moto, generando un fuggi fuggi solo
apparentemente disordinato verso ripari naturali o artificiali. Marvin iniziò,
appena inquadrata la minaccia, a infilare un colpo dietro l'altro. Purtroppo la
scarica proveniva da un mezzo da ricognizione leggero, che ora stava correndo a
tavoletta lungo la striscia di asfalto a ovest del complesso, quindi i colpi
furono veramente imprecisi. Arrivata a un centinaio di metri la jeep di fermò
con uno stridio di gomme e derapò fino a mettersi perpendicolare alla strada.
Il cecchino non poteva chiedere di meglio e freddò il servente alla
mitragliatrice.
Intanto
anche il resto della squadra aveva iniziato a rispondere al fuoco,
approfittando della confusione. I nemici vennero investiti da un fuoco di
sbarramento letale che lasciò a terra, esanimi, altri due soldati. Altri due,
però, si nascosero dietro i pesanti pneumatici anti mina. Senza aspettare un
attimo Mac scattò fuori dal suo nascondiglio, andando incontro alla jeep con il
fucile spianato, dopo pochi attimi anche Biz lo seguì. Coperti dai compagni
riuscirono ad arrivare fino al mezzo, ormai crivellato di colpi, e prendere i
due superstiti ai fianchi, che vennero colpiti senza possibilità di rispondere.
- Libero!-
Urlò Biz
volgendosi indietro. Anche gli altri ripeterono l'esclamazione una volta
assicuratisi che il settore di competenza fosse sgombro di minacce.
- Stesso
simbolo sul braccio, Signore-
Riferì Mac
- Lo
supponevo! Ci sono piombati addosso come avvoltoi, ci avranno avvistato da
lontano-
- Marvin,
qualcosa sui sensori?-
- Niente
Tenente, nessun bip!-
Sul display
retinico un cerchio blu pulsante, simile a quello dei radar del secolo scorso,
non evidenziava minacce. Però Marvin, come la maggior parte dei membri della
squadra, sapeva per esperienza che spesso quella tecnologia commetteva errori,
soprattutto se il nemico utilizzava strane leghe di metalli.
Inoltre il sistema
era in grado di segnalare esclusivamente ciò che era in movimento.
- Cosa
intendi per molto peggio? Vecchio-
Questo mi
fa innervosire, misterioso nel momento meno adatto!
Una porta
in fondo al corridoio si apre rumorosamente e non riesco a percepire la risposta
del mio vicino di cella.
- Oggi
avremo un bello spettacolo-
Esclama con
voce gutturale la silhouette nera come la notte oltre la grata. La serratura
cigola acuta. L'ombra afferra le mie catene e, dopo averle sganciate dalla
parete, mi trascina fuori, faccio appena in tempo ad alzarmi in piedi. Al
termine del corridoio vengo investito da una luce accecante e i muscoli delle
gambe cedono. Il carceriere, di cui ora vedo solo gli stivali di pelle
consumati, si gira e mi strattona.
Con fatica
mi rialzo, la testa mi esplode, sembra quasi che il cervello voglia uscire
dalla ferita alla tempia.
Vengo
condotto in mezzo ad un campo da basket, lo riconosco dalle linee scolorite del
campo, perché i canestri sono scomparsi, lasciando dei fori nel suolo, ora
pieni di acqua stagnate. Intorno, su gradinate sgangherate, ci saranno una
cinquantina di uomini e donne, tutti vestiti con i colori della gang, che
urlano e mi indicano.
Ho visto
altre volte combattimenti tra galli, e iniziavano tutti così!
Dall'altro
lato del campo viene portato un altro ragazzo, a petto nudo. Diversi tatuaggi
segnano la pelle chiara, intersecati da vistose cicatrici.
- Come
vedete abbiamo un ospite-
Tuona un
uomo, vestito con un'accozzaglia di stili e colori diversi. Una lunga barba,
tagliata a punta, gli adorna il viso, ormai non più giovane. Deve essere il
capo, perché tutti si sono zittiti e lo guardano con un misto di ammirazione e terrore.
- Come
sapete, le tradizioni sono importanti! Per questo il nostro ospite si batterà
con Tey, macchiatosi della colpa di aver rubato nella dispensa. Il
combattimento sarà all'ultimo sangue!-
Le ultime
parole vengono accolte da un'alta ovazione del pubblico, subito sedato da un
gesto del capo.
- Per
rendere più interessante il tutto-
Lancia un
coltello da caccia in mezzo al campo. La lama non ha tempo di rimbalzare nemmeno,
che la prendo al volo e la brandisco come mi insegnò un amico d'infanzia.
In questo
modo la lama riane celata dietro all'avambraccio, rendendone più difficoltoso
il controllo da parte dell'avversario.
Tey cerca
di avventarmisi addosso, con un calcio frontale. Non mi raggiunge, ma capisco subito
le sue capacita: non si è sbilanciato, anche se fuori bersaglio.
Attacca di
nuovo, una serie di diretti e ganci.
Paro a
fatica i colpi, potentissimi e, approfittando di una piccolissima finestra
nella sua difesa, schivo l'ennesimo diretto, mi abbasso e gli allungo un
rovescio con il coltello all'inguine.
Dalla
ferita schizza fuori un getto porpora, denso e caldo. L'avversario cade,
tenendosi la gamba. Ne approfitto, mi porto dietro di lui, mi abbasso, gli
afferro i capelli unti e tiro con forza all'indietro. Un unico movimento,
fluido, veloce, letale. Lascio la presa e il corpo, reso un contenitore vuoto,
cade quasi a rallentatore. La folla è in silenzio, sbigottita. Servono un paio
di minuti perché scoppi un boato sovraumano, sfolgorante. C'è un nuovo
campione, un gladiatore, un idiota armato di coltello, accecato dal terrore e
degno del miglior buco di culo di arena!
14. SLIT & DAFS
Varmit
aveva provato con tutti i dialetti di derivazione russa che conosceva, ma i
prigionieri non avevano dato segno di comprensione. Avevano provato con
l'inglese, addirittura il mexislang, la lingua dei ghetti latino-americani.
- Sembra
che non capiscano niente, chissà da dove vengono-
Disse il
mitragliere scendendo dal cassone e dirigendosi verso Berved.
Biz arrivò
di corsa.
- Signore,
ho trovato questa addosso all'autista.-
- Una
tessera magnetica? Nessuna scritta né simbolo...-
- È una
chiave magnetica, spesso le utilizzano i trafficanti in città, solo il
ricevente e il venditore conoscono cosa apre, è il principio dei vecchi
armadietti nelle stazioni.-
Intervenne
Sandoval
- Forse
serve per aprire il cancello del complesso. Marvin, che idea ti sei fatto delle
procedure di avvicinamento?-
Il cecchino
era sceso dal rudere ed ora stazionava, prono, sotto un basso arbusto spinoso.
- Non ho
potuto fare una ricognizione approfondita, ma dalle scie magnetiche vicino al
cancello ci sono sistemi elettronici, non posso dire di che tipo. Però se
attuiamo un avvicinamento da sud, attraverso un canale di scolo, possiamo
arrivare a distanza di tiro utile.-
- Ottimo, è
deciso allora, Varmit e Marvin si avvicineranno da sud e copriranno il resto
della squadra nel camion. Se il sistema è automatizzato e riusciamo a passare
il gate voi rappresenterete la squadra di sicurezza esterna. Avete trenta
minuti da adesso per essere in posizione. Canale radio sessantadue, step più
due perle emergenze.-
I due
soldati raccolsero le loro cose e iniziarono subito l'aggiramento. La strada da
fare non era moltissima, ma, una volta giunti a distanza ravvicinata dal
complesso, avrebbero proceduto strisciando nel canale.
Intanto
Berved si era messo alla guida, al fianco di Biz. Le macchie di sangue erano
state ripulite sommariamente dal vetro e dalla parte alta della cabina. Rudolf
era salito nel cassone, insieme a Mac, mimetizzandosi tra i deportati. Le armi
nascoste, ma sempre a portata di mano. Attesero ancora qualche minuto, accesero
il motore e si diressero verso il complesso.
Questo
scienziato non ha capito che sono solo un tecnico informatico, forse mi crede
un mercenario assetato di sangue, magari ex forze speciali. Mi manda a
recuperare un aggeggio nel covo di questi fantomatici Divoratori. Cosa sono non
l'ho capito bene, sarà una qualche banda di predoni. Certo, predoni versus
tecnico disarmato! Prospettiva ottimale per finire qualche metro sotto terra!
Sono
arrivato fino al termine del lungo edificio ospedaliero e mi inoltro nel
quartiere universitario. Mi ha spiegato che ingegneria è oltre il refettorio,
riconoscibile, questo, dalla grande meridiana dipinta sopra l'ingresso.
Eccolo! È
incredibile come quella generazione di uomini rincorresse vezzi artistici e
architettonici antichi già allora. Supero finestre buie e porticati in cotto
screpolato fino a quando avvisto il mio obiettivo: vetro, acciaio, cemento
armato al grezzo. In alto, vicino al cordolo della copertura, a circa dieci
metri d'altezza, risalta il nome dell'istituto. L'alluminio, trattato a
specchio, ora è rigato e opacizzato dalle intemperie e dalla mancanza di
manutenzione. Diversi pannelli di vetro della facciata sono scheggiati, altri
completamente mancanti e sostituiti da tavole in precompresso. Lo spiazzo
antistante l'ingresso è ingombro di rifiuti di tutti i generi e fusti di
carburante vuoti, utilizzati come focolari per riscaldarsi.
Studio
attentamente una pattuglia composta da tre uomini vestiti in pelle, con sulla
schiena sgargianti simboli di vernice. Mi sorprendo nel vederli senza fucili o
pistole, ma tutti hanno alla cintura un fodero da coltello.
Sento un
fruscio alle mie spalle, mi congelo.
Attendo un
secondo, cercando di percepire qualche altro rumore, ma niente.
Mi giro.
Di fronte a
me, a pochi metri, un enorme punk mi squadra, soppesando un machete dalla lama
sbeccata. Alle sue spalle un altro energumeno.
Il punk si
avvicina, deciso
- Salve!-
Detto
questo mi assesta un forte diretto alla mascella, mandandomi al tappeto. Ho
solo il tempo di vedere che mi legano caviglie e polsi, poi perdo i sensi.
- Qui
Lancia, vi vediamo, target a cento metri, nessun tango in vista, passo-
- Ricevuto
Lancia, procediamo. Passo-
Mantennero
un'andatura decisa, né troppo veloce né troppo lenta. Arrivarono fino al
cancello. Le guardiole erano deserte, ma in quella di sinistra, dal lato
guidatore, nel vetro era stato praticato un foro e applicato un lettore
magnetico.
- Vediamo
se ne è valsa la pena-
Disse
Berved mentre avvicinava la tessera trovata addosso al cadavere del soldato.
Non
successe nulla, nessun suono provenne dal macchinario.
- Papa, due
tango sono usciti dalla struttura, lato est. Passo-
- Ricevuto,
attendete.-
Biz si
rivolse al Tenente
- Ancora
niente?-
- No!
Dobbiamo toglierci di qui!-
- Lancia,
hai un tiro pulito, interrogativo-
- Negativo,
raffiche di vento incostanti. Passo-
Le due
guardie si accorsero del camion fermo al cancello e si mossero in quella
direzione, non parevano allarmati.
- Papa,
tango in avvicinamento alla vostra posizione. Passo-
- Li
vediamo, niente comunicazioni fino a nuovo ordine. Chiudo-
I soldati
erano ad una ventina di metri, quando Berved aprì lo sportello e fece un cenno
di stizza nei confronti del lettore magnetico.
- Non
funziona?-
Domandò una
delle guardie.
- A quanto
pare...-
- Sono i
detriti portati dal vento che smangiano il sensore, è già la terza volta che lo
cambiano-
Ormai era a
pochi metri, appena al di là del cancello. L'altro stava armeggiando con la
serratura congelata della garitta quando, alzando gli occhi, incrociò lo
sguardo di Biz. Si fermò, come colto da un fulmine.
- Ehi, chi
siete? Aspettavamo Slit e Dafs! Fatemi vedere i tesserini!-
La canna
del fucile venne alzata, fino a traguardare la cabina del camion. Anche l'altra
guardia si mise in posizione di caccia.
- Scendete
e mettete le mani sopra la testa, fuori i tesserini!-
- Stiamo
calmi, non succede niente, Slit stava male e hanno mandato noi, che problema
c'è?-
- Il
problema c'è eccome, Slit è morto due mesi fa!-
- A terra!-
Urlò Mac,
saltando fuori dal telone del cassone e sparando due colpi precisi in testa
della guardia più vicina. Nel frattempo Marvin centró l'altro, tutto si
concluse in pochi attimi, senza rumori grazie ai soppressori. Berved si tirò su
da terra e si ripulì la divisa piena di nevischio.
- Ottimi
tiri, ad entrambi. Prepariamoci al comitato di benvenuto, siamo in tv-
Indicò la
telecamera sopra il cancello, ma si rese conto del grosso foro nell'oculare.
Rudolf
aveva ancora la pistola fumante quando gli si accostò.
- Essere un poliziotto non preclude il saper usare un'arma, che ne pensa?-
- Ha
fottutamente ragione il mio sbirro preferito! Ora vediamo di entrare in questo
cazzo di posto!-
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