L'odore
acre che aleggia nella stanza trafigge il sistema recettivo come uno stiletto,
tanto che un riflusso di bile mi solletica l'ugola, ma riesco a ricacciarlo in
fondo alla pancia con una lunga sorsata di acqua, presa da una ciotola lasciata
sul pavimento. Solo ora mi rendo conto delle catene serrate alle caviglie con
pesanti manette. Tutto intorno l'ambiente suggerisce che mi trovo in una
prigione, o almeno è quello che ora è diventata questa stanza. La finestra è
coperta con stracci e pochissima luce riesce a filtrare. Abbastanza però per
rendermi conto del sangue lasciato sul pavimento, nel punto in cui avevo
appoggiato la tempia. Mi tocco delicatamente un lembo di pelle arricciata e
subito una fitta atroce mi fa quasi urlare.
Altro che
diretto, quel bastardo doveva avere un qualche tirapugni o addirittura un
innesto sottocutaneo.
- Ben
svegliato-
Mi giunge
una voce da oltre la grata della porta.
- Chi sei?-
- Solo un
altro povero diavolo, esattamente come te-
- Dove
siamo? Siamo prigionieri?-
- Non
saprei se definirci così, quanti anni hai?-
- Ventotto,
perché?-
- Ah,
allora non sei un prigioniero, io sì che lo sono, ma tu assolutamente no!-
- E cosa
sono allora?-
- Sei molto
peggio ragazzo, molto peggio-
Varmit
raggiunse di corsa il camion
- Non
abbiamo tutto il giorno, signori! Entriamo prima che si accorgano del guasto?-
- Idee?-
Domandò Mac
- Il
cancello è elettrificato?-
Berved
prese un bastone umido e lo lanciò contro la rete metallica, nessuna scintilla
o sfrigolio.
- Credo
sarà più semplice di quello che pensavamo-
Venne però
interrotto da una lunga scarica di fucile automatico, alcuni colpi arrivarono
vicini, andando ad infrangere il fanalino posteriore sinistro. L'automatismo
del militare professionista si mise in moto, generando un fuggi fuggi solo
apparentemente disordinato verso ripari naturali o artificiali. Marvin iniziò,
appena inquadrata la minaccia, a infilare un colpo dietro l'altro. Purtroppo la
scarica proveniva da un mezzo da ricognizione leggero, che ora stava correndo a
tavoletta lungo la striscia di asfalto a ovest del complesso, quindi i colpi
furono veramente imprecisi. Arrivata a un centinaio di metri la jeep di fermò
con uno stridio di gomme e derapò fino a mettersi perpendicolare alla strada.
Il cecchino non poteva chiedere di meglio e freddò il servente alla
mitragliatrice.
Intanto
anche il resto della squadra aveva iniziato a rispondere al fuoco,
approfittando della confusione. I nemici vennero investiti da un fuoco di
sbarramento letale che lasciò a terra, esanimi, altri due soldati. Altri due,
però, si nascosero dietro i pesanti pneumatici anti mina. Senza aspettare un
attimo Mac scattò fuori dal suo nascondiglio, andando incontro alla jeep con il
fucile spianato, dopo pochi attimi anche Biz lo seguì. Coperti dai compagni
riuscirono ad arrivare fino al mezzo, ormai crivellato di colpi, e prendere i
due superstiti ai fianchi, che vennero colpiti senza possibilità di rispondere.
- Libero!-
Urlò Biz
volgendosi indietro. Anche gli altri ripeterono l'esclamazione una volta
assicuratisi che il settore di competenza fosse sgombro di minacce.
- Stesso
simbolo sul braccio, Signore-
Riferì Mac
- Lo
supponevo! Ci sono piombati addosso come avvoltoi, ci avranno avvistato da
lontano-
- Marvin,
qualcosa sui sensori?-
- Niente
Tenente, nessun bip!-
Sul display
retinico un cerchio blu pulsante, simile a quello dei radar del secolo scorso,
non evidenziava minacce. Però Marvin, come la maggior parte dei membri della
squadra, sapeva per esperienza che spesso quella tecnologia commetteva errori,
soprattutto se il nemico utilizzava strane leghe di metalli.
Inoltre il sistema
era in grado di segnalare esclusivamente ciò che era in movimento.
- Cosa
intendi per molto peggio? Vecchio-
Questo mi
fa innervosire, misterioso nel momento meno adatto!
Una porta
in fondo al corridoio si apre rumorosamente e non riesco a percepire la risposta
del mio vicino di cella.
- Oggi
avremo un bello spettacolo-
Esclama con
voce gutturale la silhouette nera come la notte oltre la grata. La serratura
cigola acuta. L'ombra afferra le mie catene e, dopo averle sganciate dalla
parete, mi trascina fuori, faccio appena in tempo ad alzarmi in piedi. Al
termine del corridoio vengo investito da una luce accecante e i muscoli delle
gambe cedono. Il carceriere, di cui ora vedo solo gli stivali di pelle
consumati, si gira e mi strattona.
Con fatica
mi rialzo, la testa mi esplode, sembra quasi che il cervello voglia uscire
dalla ferita alla tempia.
Vengo
condotto in mezzo ad un campo da basket, lo riconosco dalle linee scolorite del
campo, perché i canestri sono scomparsi, lasciando dei fori nel suolo, ora
pieni di acqua stagnate. Intorno, su gradinate sgangherate, ci saranno una
cinquantina di uomini e donne, tutti vestiti con i colori della gang, che
urlano e mi indicano.
Ho visto
altre volte combattimenti tra galli, e iniziavano tutti così!
Dall'altro
lato del campo viene portato un altro ragazzo, a petto nudo. Diversi tatuaggi
segnano la pelle chiara, intersecati da vistose cicatrici.
- Come
vedete abbiamo un ospite-
Tuona un
uomo, vestito con un'accozzaglia di stili e colori diversi. Una lunga barba,
tagliata a punta, gli adorna il viso, ormai non più giovane. Deve essere il
capo, perché tutti si sono zittiti e lo guardano con un misto di ammirazione e terrore.
- Come
sapete, le tradizioni sono importanti! Per questo il nostro ospite si batterà
con Tey, macchiatosi della colpa di aver rubato nella dispensa. Il
combattimento sarà all'ultimo sangue!-
Le ultime
parole vengono accolte da un'alta ovazione del pubblico, subito sedato da un
gesto del capo.
- Per
rendere più interessante il tutto-
Lancia un
coltello da caccia in mezzo al campo. La lama non ha tempo di rimbalzare nemmeno,
che la prendo al volo e la brandisco come mi insegnò un amico d'infanzia.
In questo
modo la lama riane celata dietro all'avambraccio, rendendone più difficoltoso
il controllo da parte dell'avversario.
Tey cerca
di avventarmisi addosso, con un calcio frontale. Non mi raggiunge, ma capisco subito
le sue capacita: non si è sbilanciato, anche se fuori bersaglio.
Attacca di
nuovo, una serie di diretti e ganci.
Paro a
fatica i colpi, potentissimi e, approfittando di una piccolissima finestra
nella sua difesa, schivo l'ennesimo diretto, mi abbasso e gli allungo un
rovescio con il coltello all'inguine.
Dalla
ferita schizza fuori un getto porpora, denso e caldo. L'avversario cade,
tenendosi la gamba. Ne approfitto, mi porto dietro di lui, mi abbasso, gli
afferro i capelli unti e tiro con forza all'indietro. Un unico movimento,
fluido, veloce, letale. Lascio la presa e il corpo, reso un contenitore vuoto,
cade quasi a rallentatore. La folla è in silenzio, sbigottita. Servono un paio
di minuti perché scoppi un boato sovraumano, sfolgorante. C'è un nuovo
campione, un gladiatore, un idiota armato di coltello, accecato dal terrore e
degno del miglior buco di culo di arena!
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