15. THE ARENA


L'odore acre che aleggia nella stanza trafigge il sistema recettivo come uno stiletto, tanto che un riflusso di bile mi solletica l'ugola, ma riesco a ricacciarlo in fondo alla pancia con una lunga sorsata di acqua, presa da una ciotola lasciata sul pavimento. Solo ora mi rendo conto delle catene serrate alle caviglie con pesanti manette. Tutto intorno l'ambiente suggerisce che mi trovo in una prigione, o almeno è quello che ora è diventata questa stanza. La finestra è coperta con stracci e pochissima luce riesce a filtrare. Abbastanza però per rendermi conto del sangue lasciato sul pavimento, nel punto in cui avevo appoggiato la tempia. Mi tocco delicatamente un lembo di pelle arricciata e subito una fitta atroce mi fa quasi urlare.
Altro che diretto, quel bastardo doveva avere un qualche tirapugni o addirittura un innesto sottocutaneo.
- Ben svegliato-
Mi giunge una voce da oltre la grata della porta.
- Chi sei?-
- Solo un altro povero diavolo, esattamente come te-
- Dove siamo? Siamo prigionieri?-
- Non saprei se definirci così, quanti anni hai?-
- Ventotto, perché?-
- Ah, allora non sei un prigioniero, io sì che lo sono, ma tu assolutamente no!-
- E cosa sono allora?-
- Sei molto peggio ragazzo, molto peggio-

Varmit raggiunse di corsa il camion
- Non abbiamo tutto il giorno, signori! Entriamo prima che si accorgano del guasto?-
- Idee?-
Domandò Mac
- Il cancello è elettrificato?-
Berved prese un bastone umido e lo lanciò contro la rete metallica, nessuna scintilla o sfrigolio.
- Credo sarà più semplice di quello che pensavamo-
Venne però interrotto da una lunga scarica di fucile automatico, alcuni colpi arrivarono vicini, andando ad infrangere il fanalino posteriore sinistro. L'automatismo del militare professionista si mise in moto, generando un fuggi fuggi solo apparentemente disordinato verso ripari naturali o artificiali. Marvin iniziò, appena inquadrata la minaccia, a infilare un colpo dietro l'altro. Purtroppo la scarica proveniva da un mezzo da ricognizione leggero, che ora stava correndo a tavoletta lungo la striscia di asfalto a ovest del complesso, quindi i colpi furono veramente imprecisi. Arrivata a un centinaio di metri la jeep di fermò con uno stridio di gomme e derapò fino a mettersi perpendicolare alla strada. Il cecchino non poteva chiedere di meglio e freddò il servente alla mitragliatrice.
Intanto anche il resto della squadra aveva iniziato a rispondere al fuoco, approfittando della confusione. I nemici vennero investiti da un fuoco di sbarramento letale che lasciò a terra, esanimi, altri due soldati. Altri due, però, si nascosero dietro i pesanti pneumatici anti mina. Senza aspettare un attimo Mac scattò fuori dal suo nascondiglio, andando incontro alla jeep con il fucile spianato, dopo pochi attimi anche Biz lo seguì. Coperti dai compagni riuscirono ad arrivare fino al mezzo, ormai crivellato di colpi, e prendere i due superstiti ai fianchi, che vennero colpiti senza possibilità di rispondere.
- Libero!-
Urlò Biz volgendosi indietro. Anche gli altri ripeterono l'esclamazione una volta assicuratisi che il settore di competenza fosse sgombro di minacce.
- Stesso simbolo sul braccio, Signore-
Riferì Mac
- Lo supponevo! Ci sono piombati addosso come avvoltoi, ci avranno avvistato da lontano-
- Marvin, qualcosa sui sensori?-
- Niente Tenente, nessun bip!-
Sul display retinico un cerchio blu pulsante, simile a quello dei radar del secolo scorso, non evidenziava minacce. Però Marvin, come la maggior parte dei membri della squadra, sapeva per esperienza che spesso quella tecnologia commetteva errori, soprattutto se il nemico utilizzava strane leghe di metalli.
Inoltre il sistema era in grado di segnalare esclusivamente ciò che era in movimento.

- Cosa intendi per molto peggio? Vecchio-
Questo mi fa innervosire, misterioso nel momento meno adatto!
Una porta in fondo al corridoio si apre rumorosamente e non riesco a percepire la risposta del mio vicino di cella.
- Oggi avremo un bello spettacolo-
Esclama con voce gutturale la silhouette nera come la notte oltre la grata. La serratura cigola acuta. L'ombra afferra le mie catene e, dopo averle sganciate dalla parete, mi trascina fuori, faccio appena in tempo ad alzarmi in piedi. Al termine del corridoio vengo investito da una luce accecante e i muscoli delle gambe cedono. Il carceriere, di cui ora vedo solo gli stivali di pelle consumati, si gira e mi strattona.
Con fatica mi rialzo, la testa mi esplode, sembra quasi che il cervello voglia uscire dalla ferita alla tempia.
Vengo condotto in mezzo ad un campo da basket, lo riconosco dalle linee scolorite del campo, perché i canestri sono scomparsi, lasciando dei fori nel suolo, ora pieni di acqua stagnate. Intorno, su gradinate sgangherate, ci saranno una cinquantina di uomini e donne, tutti vestiti con i colori della gang, che urlano e mi indicano.
Ho visto altre volte combattimenti tra galli, e iniziavano tutti così!
Dall'altro lato del campo viene portato un altro ragazzo, a petto nudo. Diversi tatuaggi segnano la pelle chiara, intersecati da vistose cicatrici.
- Come vedete abbiamo un ospite-
Tuona un uomo, vestito con un'accozzaglia di stili e colori diversi. Una lunga barba, tagliata a punta, gli adorna il viso, ormai non più giovane. Deve essere il capo, perché tutti si sono zittiti e lo guardano con un misto di ammirazione e terrore.
- Come sapete, le tradizioni sono importanti! Per questo il nostro ospite si batterà con Tey, macchiatosi della colpa di aver rubato nella dispensa. Il combattimento sarà all'ultimo sangue!-
Le ultime parole vengono accolte da un'alta ovazione del pubblico, subito sedato da un gesto del capo.
- Per rendere più interessante il tutto-
Lancia un coltello da caccia in mezzo al campo. La lama non ha tempo di rimbalzare nemmeno, che la prendo al volo e la brandisco come mi insegnò un amico d'infanzia.
In questo modo la lama riane celata dietro all'avambraccio, rendendone più difficoltoso il controllo da parte dell'avversario.
Tey cerca di avventarmisi addosso, con un calcio frontale. Non mi raggiunge, ma capisco subito le sue capacita: non si è sbilanciato, anche se fuori bersaglio.
Attacca di nuovo, una serie di diretti e ganci.
Paro a fatica i colpi, potentissimi e, approfittando di una piccolissima finestra nella sua difesa, schivo l'ennesimo diretto, mi abbasso e gli allungo un rovescio con il coltello all'inguine.
Dalla ferita schizza fuori un getto porpora, denso e caldo. L'avversario cade, tenendosi la gamba. Ne approfitto, mi porto dietro di lui, mi abbasso, gli afferro i capelli unti e tiro con forza all'indietro. Un unico movimento, fluido, veloce, letale. Lascio la presa e il corpo, reso un contenitore vuoto, cade quasi a rallentatore. La folla è in silenzio, sbigottita. Servono un paio di minuti perché scoppi un boato sovraumano, sfolgorante. C'è un nuovo campione, un gladiatore, un idiota armato di coltello, accecato dal terrore e degno del miglior buco di culo di arena!

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