Varmit
aveva provato con tutti i dialetti di derivazione russa che conosceva, ma i
prigionieri non avevano dato segno di comprensione. Avevano provato con
l'inglese, addirittura il mexislang, la lingua dei ghetti latino-americani.
- Sembra
che non capiscano niente, chissà da dove vengono-
Disse il
mitragliere scendendo dal cassone e dirigendosi verso Berved.
Biz arrivò
di corsa.
- Signore,
ho trovato questa addosso all'autista.-
- Una
tessera magnetica? Nessuna scritta né simbolo...-
- È una
chiave magnetica, spesso le utilizzano i trafficanti in città, solo il
ricevente e il venditore conoscono cosa apre, è il principio dei vecchi
armadietti nelle stazioni.-
Intervenne
Sandoval
- Forse
serve per aprire il cancello del complesso. Marvin, che idea ti sei fatto delle
procedure di avvicinamento?-
Il cecchino
era sceso dal rudere ed ora stazionava, prono, sotto un basso arbusto spinoso.
- Non ho
potuto fare una ricognizione approfondita, ma dalle scie magnetiche vicino al
cancello ci sono sistemi elettronici, non posso dire di che tipo. Però se
attuiamo un avvicinamento da sud, attraverso un canale di scolo, possiamo
arrivare a distanza di tiro utile.-
- Ottimo, è
deciso allora, Varmit e Marvin si avvicineranno da sud e copriranno il resto
della squadra nel camion. Se il sistema è automatizzato e riusciamo a passare
il gate voi rappresenterete la squadra di sicurezza esterna. Avete trenta
minuti da adesso per essere in posizione. Canale radio sessantadue, step più
due perle emergenze.-
I due
soldati raccolsero le loro cose e iniziarono subito l'aggiramento. La strada da
fare non era moltissima, ma, una volta giunti a distanza ravvicinata dal
complesso, avrebbero proceduto strisciando nel canale.
Intanto
Berved si era messo alla guida, al fianco di Biz. Le macchie di sangue erano
state ripulite sommariamente dal vetro e dalla parte alta della cabina. Rudolf
era salito nel cassone, insieme a Mac, mimetizzandosi tra i deportati. Le armi
nascoste, ma sempre a portata di mano. Attesero ancora qualche minuto, accesero
il motore e si diressero verso il complesso.
Questo
scienziato non ha capito che sono solo un tecnico informatico, forse mi crede
un mercenario assetato di sangue, magari ex forze speciali. Mi manda a
recuperare un aggeggio nel covo di questi fantomatici Divoratori. Cosa sono non
l'ho capito bene, sarà una qualche banda di predoni. Certo, predoni versus
tecnico disarmato! Prospettiva ottimale per finire qualche metro sotto terra!
Sono
arrivato fino al termine del lungo edificio ospedaliero e mi inoltro nel
quartiere universitario. Mi ha spiegato che ingegneria è oltre il refettorio,
riconoscibile, questo, dalla grande meridiana dipinta sopra l'ingresso.
Eccolo! È
incredibile come quella generazione di uomini rincorresse vezzi artistici e
architettonici antichi già allora. Supero finestre buie e porticati in cotto
screpolato fino a quando avvisto il mio obiettivo: vetro, acciaio, cemento
armato al grezzo. In alto, vicino al cordolo della copertura, a circa dieci
metri d'altezza, risalta il nome dell'istituto. L'alluminio, trattato a
specchio, ora è rigato e opacizzato dalle intemperie e dalla mancanza di
manutenzione. Diversi pannelli di vetro della facciata sono scheggiati, altri
completamente mancanti e sostituiti da tavole in precompresso. Lo spiazzo
antistante l'ingresso è ingombro di rifiuti di tutti i generi e fusti di
carburante vuoti, utilizzati come focolari per riscaldarsi.
Studio
attentamente una pattuglia composta da tre uomini vestiti in pelle, con sulla
schiena sgargianti simboli di vernice. Mi sorprendo nel vederli senza fucili o
pistole, ma tutti hanno alla cintura un fodero da coltello.
Sento un
fruscio alle mie spalle, mi congelo.
Attendo un
secondo, cercando di percepire qualche altro rumore, ma niente.
Mi giro.
Di fronte a
me, a pochi metri, un enorme punk mi squadra, soppesando un machete dalla lama
sbeccata. Alle sue spalle un altro energumeno.
Il punk si
avvicina, deciso
- Salve!-
Detto
questo mi assesta un forte diretto alla mascella, mandandomi al tappeto. Ho
solo il tempo di vedere che mi legano caviglie e polsi, poi perdo i sensi.
- Qui
Lancia, vi vediamo, target a cento metri, nessun tango in vista, passo-
- Ricevuto
Lancia, procediamo. Passo-
Mantennero
un'andatura decisa, né troppo veloce né troppo lenta. Arrivarono fino al
cancello. Le guardiole erano deserte, ma in quella di sinistra, dal lato
guidatore, nel vetro era stato praticato un foro e applicato un lettore
magnetico.
- Vediamo
se ne è valsa la pena-
Disse
Berved mentre avvicinava la tessera trovata addosso al cadavere del soldato.
Non
successe nulla, nessun suono provenne dal macchinario.
- Papa, due
tango sono usciti dalla struttura, lato est. Passo-
- Ricevuto,
attendete.-
Biz si
rivolse al Tenente
- Ancora
niente?-
- No!
Dobbiamo toglierci di qui!-
- Lancia,
hai un tiro pulito, interrogativo-
- Negativo,
raffiche di vento incostanti. Passo-
Le due
guardie si accorsero del camion fermo al cancello e si mossero in quella
direzione, non parevano allarmati.
- Papa,
tango in avvicinamento alla vostra posizione. Passo-
- Li
vediamo, niente comunicazioni fino a nuovo ordine. Chiudo-
I soldati
erano ad una ventina di metri, quando Berved aprì lo sportello e fece un cenno
di stizza nei confronti del lettore magnetico.
- Non
funziona?-
Domandò una
delle guardie.
- A quanto
pare...-
- Sono i
detriti portati dal vento che smangiano il sensore, è già la terza volta che lo
cambiano-
Ormai era a
pochi metri, appena al di là del cancello. L'altro stava armeggiando con la
serratura congelata della garitta quando, alzando gli occhi, incrociò lo
sguardo di Biz. Si fermò, come colto da un fulmine.
- Ehi, chi
siete? Aspettavamo Slit e Dafs! Fatemi vedere i tesserini!-
La canna
del fucile venne alzata, fino a traguardare la cabina del camion. Anche l'altra
guardia si mise in posizione di caccia.
- Scendete
e mettete le mani sopra la testa, fuori i tesserini!-
- Stiamo
calmi, non succede niente, Slit stava male e hanno mandato noi, che problema
c'è?-
- Il
problema c'è eccome, Slit è morto due mesi fa!-
- A terra!-
Urlò Mac,
saltando fuori dal telone del cassone e sparando due colpi precisi in testa
della guardia più vicina. Nel frattempo Marvin centró l'altro, tutto si
concluse in pochi attimi, senza rumori grazie ai soppressori. Berved si tirò su
da terra e si ripulì la divisa piena di nevischio.
- Ottimi
tiri, ad entrambi. Prepariamoci al comitato di benvenuto, siamo in tv-
Indicò la
telecamera sopra il cancello, ma si rese conto del grosso foro nell'oculare.
Rudolf
aveva ancora la pistola fumante quando gli si accostò.
- Essere un poliziotto non preclude il saper usare un'arma, che ne pensa?-
- Ha
fottutamente ragione il mio sbirro preferito! Ora vediamo di entrare in questo
cazzo di posto!-
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