14. SLIT & DAFS


Varmit aveva provato con tutti i dialetti di derivazione russa che conosceva, ma i prigionieri non avevano dato segno di comprensione. Avevano provato con l'inglese, addirittura il mexislang, la lingua dei ghetti latino-americani.
- Sembra che non capiscano niente, chissà da dove vengono-
Disse il mitragliere scendendo dal cassone e dirigendosi verso Berved.
Biz arrivò di corsa.
- Signore, ho trovato questa addosso all'autista.-
- Una tessera magnetica? Nessuna scritta né simbolo...-
- È una chiave magnetica, spesso le utilizzano i trafficanti in città, solo il ricevente e il venditore conoscono cosa apre, è il principio dei vecchi armadietti nelle stazioni.-
Intervenne Sandoval
- Forse serve per aprire il cancello del complesso. Marvin, che idea ti sei fatto delle procedure di avvicinamento?-
Il cecchino era sceso dal rudere ed ora stazionava, prono, sotto un basso arbusto spinoso.
- Non ho potuto fare una ricognizione approfondita, ma dalle scie magnetiche vicino al cancello ci sono sistemi elettronici, non posso dire di che tipo. Però se attuiamo un avvicinamento da sud, attraverso un canale di scolo, possiamo arrivare a distanza di tiro utile.-
- Ottimo, è deciso allora, Varmit e Marvin si avvicineranno da sud e copriranno il resto della squadra nel camion. Se il sistema è automatizzato e riusciamo a passare il gate voi rappresenterete la squadra di sicurezza esterna. Avete trenta minuti da adesso per essere in posizione. Canale radio sessantadue, step più due perle emergenze.-
I due soldati raccolsero le loro cose e iniziarono subito l'aggiramento. La strada da fare non era moltissima, ma, una volta giunti a distanza ravvicinata dal complesso, avrebbero proceduto strisciando nel canale.
Intanto Berved si era messo alla guida, al fianco di Biz. Le macchie di sangue erano state ripulite sommariamente dal vetro e dalla parte alta della cabina. Rudolf era salito nel cassone, insieme a Mac, mimetizzandosi tra i deportati. Le armi nascoste, ma sempre a portata di mano. Attesero ancora qualche minuto, accesero il motore e si diressero verso il complesso.

Questo scienziato non ha capito che sono solo un tecnico informatico, forse mi crede un mercenario assetato di sangue, magari ex forze speciali. Mi manda a recuperare un aggeggio nel covo di questi fantomatici Divoratori. Cosa sono non l'ho capito bene, sarà una qualche banda di predoni. Certo, predoni versus tecnico disarmato! Prospettiva ottimale per finire qualche metro sotto terra!
Sono arrivato fino al termine del lungo edificio ospedaliero e mi inoltro nel quartiere universitario. Mi ha spiegato che ingegneria è oltre il refettorio, riconoscibile, questo, dalla grande meridiana dipinta sopra l'ingresso.
Eccolo! È incredibile come quella generazione di uomini rincorresse vezzi artistici e architettonici antichi già allora. Supero finestre buie e porticati in cotto screpolato fino a quando avvisto il mio obiettivo: vetro, acciaio, cemento armato al grezzo. In alto, vicino al cordolo della copertura, a circa dieci metri d'altezza, risalta il nome dell'istituto. L'alluminio, trattato a specchio, ora è rigato e opacizzato dalle intemperie e dalla mancanza di manutenzione. Diversi pannelli di vetro della facciata sono scheggiati, altri completamente mancanti e sostituiti da tavole in precompresso. Lo spiazzo antistante l'ingresso è ingombro di rifiuti di tutti i generi e fusti di carburante vuoti, utilizzati come focolari per riscaldarsi.
Studio attentamente una pattuglia composta da tre uomini vestiti in pelle, con sulla schiena sgargianti simboli di vernice. Mi sorprendo nel vederli senza fucili o pistole, ma tutti hanno alla cintura un fodero da coltello.
Sento un fruscio alle mie spalle, mi congelo.
Attendo un secondo, cercando di percepire qualche altro rumore, ma niente.
Mi giro.
Di fronte a me, a pochi metri, un enorme punk mi squadra, soppesando un machete dalla lama sbeccata. Alle sue spalle un altro energumeno.
Il punk si avvicina, deciso
- Salve!-
Detto questo mi assesta un forte diretto alla mascella, mandandomi al tappeto. Ho solo il tempo di vedere che mi legano caviglie e polsi, poi perdo i sensi.

- Qui Lancia, vi vediamo, target a cento metri, nessun tango in vista, passo-
- Ricevuto Lancia, procediamo. Passo-
Mantennero un'andatura decisa, né troppo veloce né troppo lenta. Arrivarono fino al cancello. Le guardiole erano deserte, ma in quella di sinistra, dal lato guidatore, nel vetro era stato praticato un foro e applicato un lettore magnetico.
- Vediamo se ne è valsa la pena-
Disse Berved mentre avvicinava la tessera trovata addosso al cadavere del soldato.
Non successe nulla, nessun suono provenne dal macchinario.
- Papa, due tango sono usciti dalla struttura, lato est. Passo-
- Ricevuto, attendete.-
Biz si rivolse al Tenente
- Ancora niente?-
- No! Dobbiamo toglierci di qui!-
- Lancia, hai un tiro pulito, interrogativo-
- Negativo, raffiche di vento incostanti. Passo-
Le due guardie si accorsero del camion fermo al cancello e si mossero in quella direzione, non parevano allarmati.
- Papa, tango in avvicinamento alla vostra posizione. Passo-
- Li vediamo, niente comunicazioni fino a nuovo ordine. Chiudo-
I soldati erano ad una ventina di metri, quando Berved aprì lo sportello e fece un cenno di stizza nei confronti del lettore magnetico.
- Non funziona?-
Domandò una delle guardie.
- A quanto pare...-
- Sono i detriti portati dal vento che smangiano il sensore, è già la terza volta che lo cambiano-
Ormai era a pochi metri, appena al di là del cancello. L'altro stava armeggiando con la serratura congelata della garitta quando, alzando gli occhi, incrociò lo sguardo di Biz. Si fermò, come colto da un fulmine.
- Ehi, chi siete? Aspettavamo Slit e Dafs! Fatemi vedere i tesserini!-
La canna del fucile venne alzata, fino a traguardare la cabina del camion. Anche l'altra guardia si mise in posizione di caccia.
- Scendete e mettete le mani sopra la testa, fuori i tesserini!-
- Stiamo calmi, non succede niente, Slit stava male e hanno mandato noi, che problema c'è?-
- Il problema c'è eccome, Slit è morto due mesi fa!-
- A terra!-
Urlò Mac, saltando fuori dal telone del cassone e sparando due colpi precisi in testa della guardia più vicina. Nel frattempo Marvin centró l'altro, tutto si concluse in pochi attimi, senza rumori grazie ai soppressori. Berved si tirò su da terra e si ripulì la divisa piena di nevischio.
- Ottimi tiri, ad entrambi. Prepariamoci al comitato di benvenuto, siamo in tv-
Indicò la telecamera sopra il cancello, ma si rese conto del grosso foro nell'oculare.
Rudolf aveva ancora la pistola fumante quando gli si accostò.
- Essere un poliziotto non preclude il saper usare un'arma, che ne pensa?-
- Ha fottutamente ragione il mio sbirro preferito! Ora vediamo di entrare in questo cazzo di posto!-

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