Mac non
aveva bisogno di nessun ricettatore per sapere che in quella zona gravitava
Miky, un trafficante di bassa lega invischiato nello spaccio di droga e organi.
Il suo covo era in un residence di appartamenti vicino a Lower Street, un
edificio fatiscente che doveva avere almeno 20 anni. La zona ricreativa, ormai
ingombra di spazzatura, era situata in un piccolo cortile, un tempo recintato, con
grossi buchi nella rete perimetrale, che permettevano di entrare agevolmente a
chiunque. Proprio 3 ubriachi, un uomo e due donne, festeggiavano nella piscina,
schizzandosi con un'acqua ormai verdognola, solo l’alto tasso alcolemico del loro
sangue poteva indurli a giocare con colibatteri e affini. Non si accorsero di
nulla mentre Mac gli passò accanto diretto all'appartamento nº 34, situato al
primo piano. Nessuna luce trapelava dalle tendine luride alle finestre o dalla
fessura sotto la porta e, dopo un attento ascolto, nessun rumore arrivava
dall'interno. Mac decise quindi di lasciar stare per quella sera e si
diresse verso un motel dall'altra parte della strada. L’insegna al neon tingeva
di rosa smunto il circondario e la “o” lampeggiava, richiamando un nugolo di
insetti.
- Buonasera,
vorrei una stanza per stanotte-
- Mi
rincresce signore, ma abbiamo solo una suite!- rispose smielato il
receptionist, che deve avere un qualche impianto sessuale che stava mutando
piano piano i suoi lineamenti.
- Vuoi dire che in un buco come questi avete le
suite!?-
- Certo
signore, bellissime suite! E costano solo 50 crediti!- il naso stava diventando
affusolato e adunco e le dita si stavano allungando quasi a dismisura.
- 50
crediti!? É mezzanotte, starò in stanza solo poche ore e mi dici che devo
pagarti 50 crediti!?-
Il
receptionist rimase a guardare Mac con aria interrogativa, le ciglia battevano
ritmicamente come se fossero comandate da un orologio.
- Facciamo
così, ti posso dare 20 crediti!-
- Mi spiace,
ma questo non é un motel a ore, non so per chi ci ha preso, ma...-
Il calcio
smosse il bancone, che si sollevò da terra, per poi ricaderci pesantemente,
distribuendo carte e riviste ovunque.
- Ti
ripeto, 20 crediti!?- la voce aveva raggiunto una tonalità tombale
- Non
posso, la prego, sono solo un dipendente, non ho il permesso di fare sconti!- era
molto scosso, tremava e cercava di non incrociare lo sguardo di Mac, che gli lanciò
svogliatamente i 50 crediti e gli disse - Facciamo così, 20 sono per la stanza
e 30 sono per tenere la bocca chiusa!- dirigendosi verso la sua stanza.
Quando aprì
la porta della "suite" lo spettacolo fu agghiacciante: letto
sfondato, muri imbrattati di qualsiasi liquido, corporale e non, specchio del
bagno incrinato, moquette con vistose bruciature di sigaretta; l'importante
però era avere un tetto sulla testa e una porta chiusa alle spalle, dormire per
strada equivaleva ad un terno al lotto con la morte. Se non erano le bande di
strada poteva essere qualche poliziotto annoiato o qualche ratto mutato a
danzare sul tuo cadavere.
Mac tirò
fuori dallo zaino un materassino ed un cuscino gonfiabile, li distese a terra
nella zona meno disastrosa della stanza e prese sonno quasi subito, a dispetto
della cacofonia di suoni che pervadevano le stanze: qualcuno soffriva,
qualcun'altro si divertiva, altri urlavano, altri gemevano.
Quando l'uomo
in pelle, che stava camminando lungo il marciapiede ingombro di sacchi
dell'immondizia, vide Mac entrare nel motel, attese qualche minuto e si avvicinò
poi alla guardiola della reception. L'impiantato era chino sul pavimento,
intento a raccogliere le riviste cadute nella colluttazione e quasi trasalì
quando si accorse del nuovo cliente.
- Buonanotte,
in cosa posso aiutarla?- la voce gli uscì tremante
- L'uomo
che è appena entrato, in che stanza soggiorna?-
- Quale
uomo scusi?-
come risposta
ricevette un sonoro schiaffone, che fece scapicollare il receptionist a terra,
da cui, gemendo, si rialzò svelto e andò a rifugiarsi nello stanzino antipanico
sul retro, da cui premette, dopo aver bloccato la serratura, il pulsante
collegato alla centrale della polizia metropolitana.
L'uomo in
pelle, allora, prese il registro e vide che solo una camera risultava libera,
si girò e, senza fretta, si incamminò lungo il corridoio, su cui si
affacciavano le stanze. Trovò la camera e si mise in ascolto. Dall'altra parte
arrivava un lieve russare ~aveva fatto
veloce ad addormentarsi!~ prese i suoi attrezzi da scasso e si mise al
lavoro sulla serratura; quando stava per far scattare l'ultimo pistone la porta
si aprì e gli si parò di fronte una figura mastodontica, ancor più per lui che
era inginocchiato, vestita solo con un paio di boxer e sulla cui testa
campeggiava una cresta alla moicana.
- Salve,
credo bastasse bussare...-
- In
effetti...-
- In cosa
posso esserti utile? - qualcosa diceva ai due uomini di non sbilanciarsi, un
campanello di allarme risuonava nelle loro teste, istinto del predatore
probabilmente.
- Credo che
quello smidollato della reception hanno chiamato gli sbirri e, avendoti visto
al "Turos", credo di non sbagliarmi a dire che siamo nella stessa
barca!-
Mac studiò
il suo interlocutore e allungò di scatto la mano verso di lui
- Mac!- -
Marvin!- lo invitò ad entrare e richiuse la porta alle sue spalle
- Come vedi
questa é la suite!- - Bella merda eh!?-
Marvin si
guardò intorno schifato, tanto valeva dormire sotto un ponte in mezzo ai ratti!
- Però la
suite costa, mi ha fatto 80 crediti l'asessuato bastardo che tu hai spaventato,
facciamo 40 ciascuno e siamo a posto?-
- Eccoli!
Dove mi posso mettere?-
Con un
grande gesto delle braccia, come se Mac volesse abbracciare la stanza rispose
- Si metta a
suo agio signore...mi casa es su casa- prorompendo poi in una sonora risata e
stendendosi sul suo giaciglio.
Anche
Marvin fece lo stesso, distese una stuoia per terra e vi si accomodò,
allungando poi un braccio fino all’interruttore a sfioramento, spegnendo la
luce.
Le lamiere bruciano ancora e la pelle dei sedili
sfrigola come un pezzo di carne sulla graticola. Si guarda intorno cercando
Ilsa, ma non riesce a vedere nulla, i suoi occhi sono irritati dalle resine
combuste, la chiama, tossisce, la chiama ancora, riceve come risposta solo il
tonfo di qualcosa sul tetto. Allora esce
dall'auto e cerca la causa del rumore, ma subito se ne pente: un corpo di un
uomo è in una posa scomposta sul tettuccio.
Alza gli occhi e vede che lui ed altri veicoli sono finiti giù dal cavalcavia che stavano
percorrendo per raggiungere la città, le altre autovetture sono
accartocciate e bruciano come tanti fuochi fatui. Solo adesso si accorge delle
urla, disumane, altissime, strazianti che provengono da un autobus da cui
stanno fuggendo adulti e bambini, alcuni si lanciano dal ponte, altri corrono
senza meta tra i relitti fumanti, altri ancora siedono a terra sperduti. Ilsa!
Ilsa! Dove sei!? Si gira e si rigira tra la bassa fanghiglia grigia, sperando
in cuor suo di non trovarla riversa da qualche parte. Lontane sirene urlano
nella cappa asfissiante del fumo. Ilsa! Decide di allontanarsi dal veicolo,
forse si è riparata verso la riva. Raggiunge il basso argine e cerca tra le
persone ammassate le une sulle altre, la chiama, la cerca, annaspa con le mani
nella bassa vegetazione, si taglia con qualcosa, il sangue si mischia con la
morchia e forma un pastone nauseante. Si dirige nuovamente verso l'automobile,
apre la porta del passeggero, gesto inutile dettato dal panico. Ilsa! Corre
verso l'altro argine e la trova. Ilsa, finalmente! Non si muove, spera che la
realtà non sia quella che appare, si avvicina, lento, sapendo che l'inesorabile
è già accaduto, la raggiunge, è supina, una grossa scheggia di metallo le esce
dalla spina dorsale. Ilsa no! Ilsa, svegliati! Dimmi qualcosa! ILSAAAA!
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