2. BAD DREAMS

23.05


Mac non aveva bisogno di nessun ricettatore per sapere che in quella zona gravitava Miky, un trafficante di bassa lega invischiato nello spaccio di droga e organi. Il suo covo era in un residence di appartamenti vicino a Lower Street, un edificio fatiscente che doveva avere almeno 20 anni. La zona ricreativa, ormai ingombra di spazzatura, era situata in un piccolo cortile, un tempo recintato, con grossi buchi nella rete perimetrale, che permettevano di entrare agevolmente a chiunque. Proprio 3 ubriachi, un uomo e due donne, festeggiavano nella piscina, schizzandosi con un'acqua ormai verdognola, solo l’alto tasso alcolemico del loro sangue poteva indurli a giocare con colibatteri e affini. Non si accorsero di nulla mentre Mac gli passò accanto diretto all'appartamento nº 34, situato al primo piano. Nessuna luce trapelava dalle tendine luride alle finestre o dalla fessura sotto la porta e, dopo un attento ascolto, nessun rumore arrivava dall'interno. Mac decise quindi di lasciar stare per quella sera e si diresse verso un motel dall'altra parte della strada. L’insegna al neon tingeva di rosa smunto il circondario e la “o” lampeggiava, richiamando un nugolo di insetti. 
- Buonasera, vorrei una stanza per stanotte-
- Mi rincresce signore, ma abbiamo solo una suite!- rispose smielato il receptionist, che deve avere un qualche impianto sessuale che stava mutando piano piano i suoi lineamenti.
-  Vuoi dire che in un buco come questi avete le suite!?-
- Certo signore, bellissime suite! E costano solo 50 crediti!- il naso stava diventando affusolato e adunco e le dita si stavano allungando quasi a dismisura.
- 50 crediti!? É mezzanotte, starò in stanza solo poche ore e mi dici che devo pagarti 50 crediti!?-
Il receptionist rimase a guardare Mac con aria interrogativa, le ciglia battevano ritmicamente come se fossero comandate da un orologio.
- Facciamo così, ti posso dare 20 crediti!-
- Mi spiace, ma questo non é un motel a ore, non so per chi ci ha preso, ma...-
Il calcio smosse il bancone, che si sollevò da terra, per poi ricaderci pesantemente, distribuendo carte e riviste ovunque.
- Ti ripeto, 20 crediti!?- la voce aveva raggiunto una tonalità tombale
- Non posso, la prego, sono solo un dipendente, non ho il permesso di fare sconti!- era molto scosso, tremava e cercava di non incrociare lo sguardo di Mac, che gli lanciò svogliatamente i 50 crediti e gli disse - Facciamo così, 20 sono per la stanza e 30 sono per tenere la bocca chiusa!- dirigendosi verso la sua stanza.
Quando aprì la porta della "suite" lo spettacolo fu agghiacciante: letto sfondato, muri imbrattati di qualsiasi liquido, corporale e non, specchio del bagno incrinato, moquette con vistose bruciature di sigaretta; l'importante però era avere un tetto sulla testa e una porta chiusa alle spalle, dormire per strada equivaleva ad un terno al lotto con la morte. Se non erano le bande di strada poteva essere qualche poliziotto annoiato o qualche ratto mutato a danzare sul tuo cadavere.
Mac tirò fuori dallo zaino un materassino ed un cuscino gonfiabile, li distese a terra nella zona meno disastrosa della stanza e prese sonno quasi subito, a dispetto della cacofonia di suoni che pervadevano le stanze: qualcuno soffriva, qualcun'altro si divertiva, altri urlavano, altri gemevano.

Quando l'uomo in pelle, che stava camminando lungo il marciapiede ingombro di sacchi dell'immondizia, vide Mac entrare nel motel, attese qualche minuto e si avvicinò poi alla guardiola della reception. L'impiantato era chino sul pavimento, intento a raccogliere le riviste cadute nella colluttazione e quasi trasalì quando si accorse del nuovo cliente.
- Buonanotte, in cosa posso aiutarla?- la voce gli uscì tremante
- L'uomo che è appena entrato, in che stanza soggiorna?-
- Quale uomo scusi?-
come risposta ricevette un sonoro schiaffone, che fece scapicollare il receptionist a terra, da cui, gemendo, si rialzò svelto e andò a rifugiarsi nello stanzino antipanico sul retro, da cui premette, dopo aver bloccato la serratura, il pulsante collegato alla centrale della polizia metropolitana.
L'uomo in pelle, allora, prese il registro e vide che solo una camera risultava libera, si girò e, senza fretta, si incamminò lungo il corridoio, su cui si affacciavano le stanze. Trovò la camera e si mise in ascolto. Dall'altra parte arrivava un lieve russare ~aveva fatto veloce ad addormentarsi!~ prese i suoi attrezzi da scasso e si mise al lavoro sulla serratura; quando stava per far scattare l'ultimo pistone la porta si aprì e gli si parò di fronte una figura mastodontica, ancor più per lui che era inginocchiato, vestita solo con un paio di boxer e sulla cui testa campeggiava una cresta alla moicana.
- Salve, credo bastasse bussare...-
- In effetti...-
- In cosa posso esserti utile? - qualcosa diceva ai due uomini di non sbilanciarsi, un campanello di allarme risuonava nelle loro teste, istinto del predatore probabilmente.
- Credo che quello smidollato della reception hanno chiamato gli sbirri e, avendoti visto al "Turos", credo di non sbagliarmi a dire che siamo nella stessa barca!-
Mac studiò il suo interlocutore e allungò di scatto la mano verso di lui
- Mac!- - Marvin!- lo invitò ad entrare e richiuse la porta alle sue spalle
- Come vedi questa é la suite!- - Bella merda eh!?-
Marvin si guardò intorno schifato, tanto valeva dormire sotto un ponte in mezzo ai ratti!
- Però la suite costa, mi ha fatto 80 crediti l'asessuato bastardo che tu hai spaventato, facciamo 40 ciascuno e siamo a posto?-
- Eccoli! Dove mi posso mettere?-
Con un grande gesto delle braccia, come se Mac volesse abbracciare la stanza rispose
- Si metta a suo agio signore...mi casa es su casa- prorompendo poi in una sonora risata e stendendosi sul suo giaciglio.
Anche Marvin fece lo stesso, distese una stuoia per terra e vi si accomodò, allungando poi un braccio fino all’interruttore a sfioramento, spegnendo la luce.

Le lamiere bruciano ancora e la pelle dei sedili sfrigola come un pezzo di carne sulla graticola. Si guarda intorno cercando Ilsa, ma non riesce a vedere nulla, i suoi occhi sono irritati dalle resine combuste, la chiama, tossisce, la chiama ancora, riceve come risposta solo il tonfo di qualcosa sul tetto.  Allora esce dall'auto e cerca la causa del rumore, ma subito se ne pente: un corpo di un uomo è in una posa scomposta sul tettuccio.  Alza gli occhi e vede che lui ed altri veicoli sono finiti giù dal cavalcavia che stavano percorrendo per raggiungere la città, le altre autovetture sono accartocciate e bruciano come tanti fuochi fatui. Solo adesso si accorge delle urla, disumane, altissime, strazianti che provengono da un autobus da cui stanno fuggendo adulti e bambini, alcuni si lanciano dal ponte, altri corrono senza meta tra i relitti fumanti, altri ancora siedono a terra sperduti. Ilsa! Ilsa! Dove sei!? Si gira e si rigira tra la bassa fanghiglia grigia, sperando in cuor suo di non trovarla riversa da qualche parte. Lontane sirene urlano nella cappa asfissiante del fumo. Ilsa! Decide di allontanarsi dal veicolo, forse si è riparata verso la riva. Raggiunge il basso argine e cerca tra le persone ammassate le une sulle altre, la chiama, la cerca, annaspa con le mani nella bassa vegetazione, si taglia con qualcosa, il sangue si mischia con la morchia e forma un pastone nauseante. Si dirige nuovamente verso l'automobile, apre la porta del passeggero, gesto inutile dettato dal panico. Ilsa! Corre verso l'altro argine e la trova. Ilsa, finalmente! Non si muove, spera che la realtà non sia quella che appare, si avvicina, lento, sapendo che l'inesorabile è già accaduto, la raggiunge, è supina, una grossa scheggia di metallo le esce dalla spina dorsale. Ilsa no! Ilsa, svegliati! Dimmi qualcosa! ILSAAAA!

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